Lo stile epistolare
Nello scrivere lettere i Romani utilizzavano un formulario convenzionale e pressochè invariabile: innanzitutto vi era il nome al nominativo del mittente, seguito dal nome del destianatario al dativo e dalla formula di saluto s.d. (salutem dicit),
Tullius s.d. Terentiae et Tulliae et Ciceroni suis
o s.d.p. (salutem plurimam dicit), o semplicemente s. (salutem, con dicit sottinteso)
Cicero Basilio s.
. Sia il nome del mittente che il nome del destinatario potevano essere accompagnati da attributi (aggettivi affettuosi) o da apposizioni che indicavano le cariche ricoperte o i titoli onorifici attribuiti.
Cicero imp. s.d. Caesari imp.
Dove imperator è da intendersi come «generale vittorioso» e sancisce che entrambi hanno avuto, nella loro carriera politica, il comando militare (imperium) e riportato delle vittorie.
Potevano seguire formule convenzionali di cortesia come s.v.b.e. (si vales/valetis bene est), oppure (si vales/valetis bene est, ego quoque valeo). Esistevano poi formule particolari per le lettere ufficiali, indirizzate al popolo o al Senato: s.v.l.q.v.v.b.e.e.v. (si vos liberique vestri valetis bene est, ego valeo) o indirizzate ai generali o altri condottieri militari: s.t.e.q.v.b.e. (si tu exercitusque valetis bene est).
Vi erano, anche se non sempre, forma di commiato, generalmente non abbreviate come – vale/valete o cura/curate ut valeas/valeatis, fac/facite valeas/valeatis, da/date operam ut valeas/valeatis.
La lettera si concludeva solitamente con l’indicazione della data e del luogo. L’indicazione del giorno in cui la lettera era stata consegnata al tabellarius(il corriere privato) poteva essere preceduta da dabam («davo») con sottointeso l’oggetto epistola, o dal participio perfetto data («consegnata») con sottinteso il sostantivo epistula (costrutto dell’ablativo assoluto). È proprio dal participio perfetto data, tra l’altro, che deriva il sostantivo italiano «data» per indicare il giorno preciso del calendario in cui è accaduto qualche avvenimento.
Alla fine veniva posta la data del luogo in cui il mittente aveva scritto la lettera (in genere espresso con l’ablativo di provenienza o più raramente con il locativo).
Una particolarità dello stile epistolare riguarda infine l’uso dei tempi verbali e degli avverbi: infatti, dal momento che nel mondo antico le lettere impiegavano molto tempo per giungere a destinazione, il mittente si poneva nell’ottica del destinatario utilizzando i tempi verbali tenendo conto non del momento in cui la lettera vaniva scritta, ma del momento in cui sarebbe stata ricevuta dal destinatario. Ne consegue una serie di mutamenti nel sistema dei riferimento cronologici, che può essere così schematizzato:
A. I tempi verbali
- il presente viene sostituito dall’imperfetto (azione durativa) o dal perfetto (azione momentanea);
- il perfetto logico o storico sono sostituiti dal piuccheperfetto
- il futuro è sostituito dal participio futuro + eram
B. Gli avverbi di tempo
- hodie diventa eo die
- heri diventa pridie
- cras diventa postridie o postero die
Solitamente invece non subiscono mutamento gli avverbi nunc, etiam nunc, adhuc.
Tuttavia, soprattutto quando si scriveva qualcosa che non aveva stretto riferimento al tempo della composizione della lettera, l’applicazione di queste regole non era sempre rigorosa.
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